Il Gruppo Bnp Paribas domina la scena degli istituti di credito che nel 2010 hanno sostenuto l’esportazione di armi italiane. Subito dopo c’è la Deutsche Bank. In classifica anche tre banche italiane che hanno contribuito all’organizzazione della beatificazione di Giovanni Paolo II: Bnl, Intesa san Paolo e Unicredit.
Alle banche francesi operanti in Italia piace sostenere il mondo armiero del Belpaese. Dalle tabelle relative alle operazioni bancarie legate all'export di armamenti italiani, appena rese pubbliche dalla relazione annuale della Presidenza del consiglio, si vede infatti una decisa crescita degli istituti di credito transalpini in questo settore. Non solo il Gruppo Bnp Paribas (che comprende Bnp Paribas e Bnl) è tornato in vetta a questa speciale classifica con 959,2 milioni di euro, pari al 31,49% del totale (3 miliardi e 46 milioni di euro), ma anche la banca d'affari Natixis, nata nel novembre del 2006, è passata dai 19 milioni del 2009 ai 282,6 (9,28%) del 2010, al 4° posto in classifica. E c'è una new entry come il Crédit agricole corporate and investment bank, al 7° posto con 104,2 milioni (3,42%).
Al vertice dopo il gruppo Paribas, resta la Deutsche bank, anche se in leggero calo rispetto al 2009 (835,9 milioni contro 900,5). Mentre ritorna sul podio Unicredit Group con 297,6 milioni. Mandando in fumo tutti i proclami degli anni scorsi di un suo drastico disimpegno dal settore.
Due le notizie da segnalare legate alla stretta attualità: fanno parte della classifica "Banche armate", tre dei quattro istituti di credito che gratificano il Vaticano e che hanno sostenuto l'organizzazione della beatificazione di papa Wojtyla domenica primo maggio: Bnl, Intesa san Paolo e Unicredit.
La seconda curiosità è legata alla polemica scatenata dal sito Unimondo contro Emergency, che si appoggerebbe a una banca, la Banca Popolare dell'Emilia Romagna che ha fatto parte in passato della lista. Banca che ritorna quest'anno ad essere attiva, anche se non in modo vistoso, delle transazioni bancarie legate al trasferimento di armi italiane. Nel 2010 ha gestito quasi 4 milioni di euro (0,21%). (giba)
Dalla periferia fiorentina un esempio di microcredito di prossimità, costruito sulle esigenze degli abitanti di un quartiere del 'ricco' Nord del mondo
06 maggio 2011
23 aprile 2011
Io non ho bisogno di denaro
Io non ho bisogno di denaro
ho bisogno di sentimenti
di parole
di parole scelte sapientemente
di fiori detti pensieri
di rose dette presenze
di sogni che abitino gli alberi
di canzoni che facciano danzare le statue
di stelle che mormorino
all'orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia
questa magia che brucia
la pesantezza delle parole
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Io non ho bisogno di denaro
ho bisogno di sentimenti
di parole
di parole scelte sapientemente
di fiori detti pensieri
di rose dette presenze
di sogni che abitino gli alberi
di canzoni che facciano danzare le statue
di stelle che mormorino
all'orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia
questa magia che brucia
la pesantezza delle parole
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Alda Merini
04 aprile 2011
Il Fondo Etico e la crisi dell'economia
I nostri politici, ad ogni apparizione televisiva, si preoccupano di farci sapere che ormai la crisi che ha travolto le economie di mezzo mondo è alle nostre spalle, che all’Italia è andata meglio di molti altri paesi, e che ormai possiamo guardare con fiducia al futuro. Ma davvero è cosi?
Dal nostro piccolo osservatorio che è il Fondo Etico e Sociale, possiamo dire che non solo la crisi non è alle nostre spalle, ma anzi mai come da un anno a questa parte se ne vedono le conseguenze sulla gente comune e su chi vive la precarietà quotidiana.
E’ come se l’onda che ha investito i mercati finanziari piano piano si trascinasse dietro la povera gente che fino ad oggi, anche tra molte difficoltà, era riuscita a sopravvivere. In questa risacca, infatti, le persone spesso si trovano senza lavoro o con stipendi bassissimi, e i Servizi Sociali, che potrebbero sostenerli, sono ormai spolpati dai tagli voluti da governanti ottusi e dall’aumento delle richieste d’aiuto.
Anche il Fondo Etico si trova a vivere questo momento con difficoltà.
Le richieste, anche per prestiti di poche centinaia di euro, si moltiplicano e non riusciamo a rispondere a tutte, o almeno i tempi con cui riusciamo a farlo si allungano molto, anche per quelle richieste che invece avrebbero bisogno di risposte urgenti. Questa situazione è motivo di grande imbarazzo e pesantezza specialmente per chi, come me, partecipando alla Commissione ha il primo contatto con le persone in difficoltà e l’impatto con le loro storie.
Essere parte del Fondo Etico e Sociale delle Piagge mi convince ogni giorno di più che non è possibile pensare ad un ritorno alla “normalità” senza pensare che occorre cambiare alla radice questo sistema.
Non si può più convivere con l’enorme disuguaglianza economica che esiste tra una minoranza di cittadini privilegiati e tutti gli altri che fanno fatica a sopravvivere, non possiamo più credere che l’economia si risolleva aumentando i consumi quando questo per molti ormai è solo un modo per indebitarsi sempre di più, non possiamo più accettare governi che non perseguono la solidarietà tra le persone ma favoriscono la sopraffazione e la competizione.
Occorre sempre più dar vita a pratiche alternative che possono mostrare percorsi nuovi e che contribuiscano a far nascere relazioni vere e profonde tra le persone creando così Comunità che ci facciano riscoprire la ricchezza dell’altro. Questo può essere il Fondo Etico e Sociale, ovvero un luogo di incontro, di relazione e di condivisione per riscoprire la vera ricchezza della quale nessuna crisi economica potrà privarci.
(Fabrizio)
Dal nostro piccolo osservatorio che è il Fondo Etico e Sociale, possiamo dire che non solo la crisi non è alle nostre spalle, ma anzi mai come da un anno a questa parte se ne vedono le conseguenze sulla gente comune e su chi vive la precarietà quotidiana.
E’ come se l’onda che ha investito i mercati finanziari piano piano si trascinasse dietro la povera gente che fino ad oggi, anche tra molte difficoltà, era riuscita a sopravvivere. In questa risacca, infatti, le persone spesso si trovano senza lavoro o con stipendi bassissimi, e i Servizi Sociali, che potrebbero sostenerli, sono ormai spolpati dai tagli voluti da governanti ottusi e dall’aumento delle richieste d’aiuto.
Anche il Fondo Etico si trova a vivere questo momento con difficoltà.
Le richieste, anche per prestiti di poche centinaia di euro, si moltiplicano e non riusciamo a rispondere a tutte, o almeno i tempi con cui riusciamo a farlo si allungano molto, anche per quelle richieste che invece avrebbero bisogno di risposte urgenti. Questa situazione è motivo di grande imbarazzo e pesantezza specialmente per chi, come me, partecipando alla Commissione ha il primo contatto con le persone in difficoltà e l’impatto con le loro storie.
Essere parte del Fondo Etico e Sociale delle Piagge mi convince ogni giorno di più che non è possibile pensare ad un ritorno alla “normalità” senza pensare che occorre cambiare alla radice questo sistema.
Non si può più convivere con l’enorme disuguaglianza economica che esiste tra una minoranza di cittadini privilegiati e tutti gli altri che fanno fatica a sopravvivere, non possiamo più credere che l’economia si risolleva aumentando i consumi quando questo per molti ormai è solo un modo per indebitarsi sempre di più, non possiamo più accettare governi che non perseguono la solidarietà tra le persone ma favoriscono la sopraffazione e la competizione.
Occorre sempre più dar vita a pratiche alternative che possono mostrare percorsi nuovi e che contribuiscano a far nascere relazioni vere e profonde tra le persone creando così Comunità che ci facciano riscoprire la ricchezza dell’altro. Questo può essere il Fondo Etico e Sociale, ovvero un luogo di incontro, di relazione e di condivisione per riscoprire la vera ricchezza della quale nessuna crisi economica potrà privarci.
(Fabrizio)
30 marzo 2011
ASSEMBLEA DEI SOCI
DEL
FONDO ETICO E SOCIALE DELLE PIAGGE
SABATO 15 GENNAIO 2011 alle ore 17,00
Centro Sociale “IL POZZO”
via Lombardia, 1/p Firenze
tel. 055373737
l' Assemblea è aperta a tutte le persone interessate
alla fine dell’assemblea chi lo desidera potrà cenare insieme
sono graditi contributi eno-gastronomici da condividere
siamo tutti invitati a portarci piatto, posate e bicchiere
24 marzo 2011
5 x mille al Fondo Etico
per destinare il tuo 5 X mille
al
Fondo Etico e Sociale delle Piagge
nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro riportante la dicitura
“Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni”
specificando, nello spazio apposito, il codice fiscale della
Cooperativa Sociale IL CERRO - C.F. 05084190486
al
Fondo Etico e Sociale delle Piagge
nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro riportante la dicitura
“Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni”
specificando, nello spazio apposito, il codice fiscale della
Cooperativa Sociale IL CERRO - C.F. 05084190486
17 marzo 2011
Il Sapore delle Piagge
Domenica 20 Marzo ore 20,00
Cena Multiculturale
cucinata dalle donne delle Piagge
Sambusi - Somalia
Keftegi - Tunisia
Cous Cous - Marocco e Senegal
Zighinì e Injera - Eritrea
Sarmale - Rom
Mussaka - Rom
Pollo arancia e curry - India
Baklava - Egitto
Il ricavato servirà a sostenere il Fondo Etico e Sociale
l’esperienza di microcredito di prossimità e finanza critica
della Comunità delle Piagge
prenotatevi presso il Centro Sociale Il Pozzo
via Lombardia, 1/p Firenze tel. 055373737
13 marzo 2011
02 marzo 2011
28 febbraio 2011
10 febbraio 2011
Autotassazione 2011
Anche quest’anno rinnoviamo la proposta di autotassazione per i soci del Fondo Etico e Sociale delle Piagge.
L’esigenza di “inventarci” forme di finanziamento condivise e partecipate, nasce per far fronte alle spese di gestione della nostra realtà di microcredito.
L’idea è che possiamo riconoscere un valore importante a quelle monetine di pochi centesimi che spesso ci “girano” nelle tasche e magari non prendiamo neanche in considerazione quando andiamo a pagare i nostri conti. Oggi queste monetine, messe tutte insieme, possono aiutare il Fondo Etico e Sociale a portare avanti con coerenza l’idea di “giustizia sociale” e di diritto al credito che da sempre anima la nostra esperienza.
Per molti di noi rinunciare a un euro o due al mese è qualcosa che non incide in maniera significativa sul nostro bilancio, ma essendo oltre 160 soci possiamo arrivare a raccogliere una cifra importante, che permetterebbe di mantenere senza problemi la sostenibilità del Fondo Etico e Sociale delle Piagge senza gravare solo su coloro che richiedono i prestiti.
Naturalmente ognuno di noi è libero di aderire oppure no a questa iniziativa.
Nell’anno appena trascorso, con quanto ottenuto dall'autotassazione e il denaro raccolto con cene ed altre iniziative, siamo riusciti a coprire le spese sostenute.
Chi volesse partecipare a questa raccolta può portare il proprio contributo alle assemblee o direttamente al Centro Sociale il Pozzo (tel. 055373737) consegnandolo a uno dei referenti del Fondo Etico
La Commissione del Fondo Etico e Sociale delle Piagge
L’esigenza di “inventarci” forme di finanziamento condivise e partecipate, nasce per far fronte alle spese di gestione della nostra realtà di microcredito.
L’idea è che possiamo riconoscere un valore importante a quelle monetine di pochi centesimi che spesso ci “girano” nelle tasche e magari non prendiamo neanche in considerazione quando andiamo a pagare i nostri conti. Oggi queste monetine, messe tutte insieme, possono aiutare il Fondo Etico e Sociale a portare avanti con coerenza l’idea di “giustizia sociale” e di diritto al credito che da sempre anima la nostra esperienza.
Per molti di noi rinunciare a un euro o due al mese è qualcosa che non incide in maniera significativa sul nostro bilancio, ma essendo oltre 160 soci possiamo arrivare a raccogliere una cifra importante, che permetterebbe di mantenere senza problemi la sostenibilità del Fondo Etico e Sociale delle Piagge senza gravare solo su coloro che richiedono i prestiti.
Naturalmente ognuno di noi è libero di aderire oppure no a questa iniziativa.
Nell’anno appena trascorso, con quanto ottenuto dall'autotassazione e il denaro raccolto con cene ed altre iniziative, siamo riusciti a coprire le spese sostenute.
Chi volesse partecipare a questa raccolta può portare il proprio contributo alle assemblee o direttamente al Centro Sociale il Pozzo (tel. 055373737) consegnandolo a uno dei referenti del Fondo Etico
La Commissione del Fondo Etico e Sociale delle Piagge
17 gennaio 2011
Perché faccio parte del Fondo Etico e Sociale delle Piagge?
Perché nel Fondo il denaro non è più un fatto privato e personale ma è uno strumento, un mezzo collettivo attraverso il quale intessere relazioni e creare legami.
Perché nel Fondo è essenziale la fiducia e, per una come me che fa fatica a fidarsi delle persone, è un continuo mettermi in gioco, perché il Fondo Etico si fonda proprio sulla fiducia: io mi fido delle persone che incontrano i richiedenti prestito, mi fido delle loro valutazioni e considerazioni; mi fido di chi riceve i prestiti e dell’ impegno che mette nel restituirlo, mi fido dei soci e delle persone che partecipano alle assemblee, convinta che la loro presenza, in quel momento è la linfa vitale del Fondo .… insomma il Fondo Etico è una palestra di fiducia, e anche solo per questo è un luogo “eccezionale”.
Faccio parte del Fondo perché l’economia, la finanza, che sembra sempre sfuggirci dalle mani, viene sbriciolata e resa di nuovo umana.
Faccio parte del Fondo perché sempre di più, ultimamente, mi sto convincendo che soltanto le esperienze piccole, limitate territorialmente, possono avere un futuro rivoluzionario, cioè possono incidere davvero e lasciare un segno. Il Fondo Etico funziona ed ha senso perché si impone, ogni giorno, di rimanere un’esperienza piccola, all’interno della quale restano vivi i rapporti, le relazioni e gli affetti fra le persone. Il nostro mondo è pieno di situazioni e realtà che, pur nate da principi importanti e positivi si sono poi del tutto perse nel crescere, nell’ ingrandirsi… Il Fondo invece non ascolta le lusinghe dell’ampliamento, e quindi dell’aumento di potere, e resta ancorato proprio alla prossimità, al proseguire fianco a fianco.
Faccio parte del Fondo perché il fondo è in continuo movimento, in continuo sviluppo, ma non verso l’espansione, verso invece la profondità, ed è in questa dimensione che mi ritrovo e voglio continuare a camminare.
Perché nel Fondo è essenziale la fiducia e, per una come me che fa fatica a fidarsi delle persone, è un continuo mettermi in gioco, perché il Fondo Etico si fonda proprio sulla fiducia: io mi fido delle persone che incontrano i richiedenti prestito, mi fido delle loro valutazioni e considerazioni; mi fido di chi riceve i prestiti e dell’ impegno che mette nel restituirlo, mi fido dei soci e delle persone che partecipano alle assemblee, convinta che la loro presenza, in quel momento è la linfa vitale del Fondo .… insomma il Fondo Etico è una palestra di fiducia, e anche solo per questo è un luogo “eccezionale”.
Faccio parte del Fondo perché l’economia, la finanza, che sembra sempre sfuggirci dalle mani, viene sbriciolata e resa di nuovo umana.
Faccio parte del Fondo perché sempre di più, ultimamente, mi sto convincendo che soltanto le esperienze piccole, limitate territorialmente, possono avere un futuro rivoluzionario, cioè possono incidere davvero e lasciare un segno. Il Fondo Etico funziona ed ha senso perché si impone, ogni giorno, di rimanere un’esperienza piccola, all’interno della quale restano vivi i rapporti, le relazioni e gli affetti fra le persone. Il nostro mondo è pieno di situazioni e realtà che, pur nate da principi importanti e positivi si sono poi del tutto perse nel crescere, nell’ ingrandirsi… Il Fondo invece non ascolta le lusinghe dell’ampliamento, e quindi dell’aumento di potere, e resta ancorato proprio alla prossimità, al proseguire fianco a fianco.
Faccio parte del Fondo perché il fondo è in continuo movimento, in continuo sviluppo, ma non verso l’espansione, verso invece la profondità, ed è in questa dimensione che mi ritrovo e voglio continuare a camminare.
(Francesca)
07 gennaio 2011
ASSEMBLEA DEI SOCI
DEL
FONDO ETICO E SOCIALE DELLE PIAGGE
SABATO 15 GENNAIO 2011 alle ore 17,00
Centro Sociale “IL POZZO”
via Lombardia, 1/p tel. 055373737
via Lombardia, 1/p tel. 055373737
l' Assemblea è aperta a tutte le persone interessate
alla fine dell’assemblea chi lo desidera potrà cenare insieme
sono graditi contributi eno-gastronomici da condividere
siamo tutti invitati a portarci piatto, posate e bicchiere
24 dicembre 2010
Il Welfare non è un lusso
Sotto la montagna di rifiuti che sta sommergendo - nuovamente - la città di Napoli e la Campania vengono seppellite molte altre drammatiche emergenze sociali. Da mesi assistiamo alla chiusura di decine di case-famiglia, di centri diurni e di strutture residenziali, luoghi accoglienti e percorsi per persone, bambini e adulti, segnate dall’abbandono, dall’abuso e dal maltrattamento, dalla povertà, dall’emarginazione, dal fallimento. Persone che soffrono di disagi mentali e fisici. Persone la cui assistenza, nella migliore delle ipotesi, ricadrà sulle famiglie o spingerà unicamente al ricorso a nuove e vecchie istituzioni totali: non solo carceri, manicomi e istituti per bambini ma anche risposte inappropriate come ospedali e cronicari. Di fatto, a Napoli sono stati tagliati oltre cento servizi territoriali e quasi mille posti di lavoro per operatori sociali.
Per noi uno Stato è civile quando è in grado di garantire i diritti inviolabili dei cittadini; assicura pari dignità sociale ad ogni persona; tutela la salute come diritto fondamentale; assicura cure gratuite a tutti; garantisce l’esercizio degli stessi diritti civili e sociali su tutti i territori del paese; promuove coesione e solidarietà sociale, rimuove gli squilibri e le ingiustizie sociali; è in grado di garantire ai lavoratori il diritto ad una retribuzione certa ed adeguata. Questi principi sono enunciati nella nostra Costituzione.
Questo non è uno Stato giusto, perché al Sud più di una famiglia su quattro vive in condizioni di povertà, perché i disoccupati sono il doppio rispetto al resto del paese, perché la spesa sociale è cinque volte più bassa della media nazionale, perché essere anziani, bambini, disabili o semplicemente cittadini al Sud significa vivere in una condizione di difficoltà, peggiore di quella del resto del Paese.
Il Comitato «Il Welfare non è un lusso», insieme agli operatori e alle operatrici sociali in sciopero della fame e ai 300 che occupano l’ex Manicomio Leonardo Bianchi di Napoli, simbolo di questa lotta di civiltà, chiede al Governo, alle Regioni e ai Comuni di evitare ogni genere di taglio alla spesa sociale in Campania, al Sud ed in tutto il Paese, di ritornare ad investire seriamente sullo stato sociale, di valorizzare il lavoro sociale, di definire con la massima urgenza un piano per il superamento dell’emergenza in Campania e l’immediata riapertura dei servizi.
Il welfare non è un lusso: le politiche sociali garantiscono il benessere delle persone, più legalità e più sicurezza nei territori. Senza il lavoro di chi tutela la salute, l’assistenza, il benessere, la socialità e la legalità, le città saranno più povere, meno sicure e più violente.
Per noi uno Stato è civile quando è in grado di garantire i diritti inviolabili dei cittadini; assicura pari dignità sociale ad ogni persona; tutela la salute come diritto fondamentale; assicura cure gratuite a tutti; garantisce l’esercizio degli stessi diritti civili e sociali su tutti i territori del paese; promuove coesione e solidarietà sociale, rimuove gli squilibri e le ingiustizie sociali; è in grado di garantire ai lavoratori il diritto ad una retribuzione certa ed adeguata. Questi principi sono enunciati nella nostra Costituzione.
Questo non è uno Stato giusto, perché al Sud più di una famiglia su quattro vive in condizioni di povertà, perché i disoccupati sono il doppio rispetto al resto del paese, perché la spesa sociale è cinque volte più bassa della media nazionale, perché essere anziani, bambini, disabili o semplicemente cittadini al Sud significa vivere in una condizione di difficoltà, peggiore di quella del resto del Paese.
Il Comitato «Il Welfare non è un lusso», insieme agli operatori e alle operatrici sociali in sciopero della fame e ai 300 che occupano l’ex Manicomio Leonardo Bianchi di Napoli, simbolo di questa lotta di civiltà, chiede al Governo, alle Regioni e ai Comuni di evitare ogni genere di taglio alla spesa sociale in Campania, al Sud ed in tutto il Paese, di ritornare ad investire seriamente sullo stato sociale, di valorizzare il lavoro sociale, di definire con la massima urgenza un piano per il superamento dell’emergenza in Campania e l’immediata riapertura dei servizi.
Il welfare non è un lusso: le politiche sociali garantiscono il benessere delle persone, più legalità e più sicurezza nei territori. Senza il lavoro di chi tutela la salute, l’assistenza, il benessere, la socialità e la legalità, le città saranno più povere, meno sicure e più violente.
22 dicembre 2010
Memorie di neve e ferrovie
Io nell'85 nelle ferrovie ancora non c'ero, sono entrata come Capo
Stazione poco dopo, nell'87 quando ancora erano Ente pubblico,
trasformate così, da Azienda Autonoma, attraverso la legge 210 dell'85
appunto. La nevicata di quell'anno me la ricordo eccome perché ero
studente fuori sede da Pescara e viaggiavo rigorosamente in treno. In
quell'invernata, in cui nevicò tanto anche sul mare a casa mia, presi
il treno in piena emergenza maltempo e, con qualche ora di ritardo,
molto freddo e molta pazienza, i convogli si muovevano, lenti, ma si
muovevano. Erano pochi però ed in parte, come mi ricorda mio marito, di
turno in questo fine settimana infernale e costretto a passare la notte
in stazione venerdì sera per essere presente a lavoro il sabato
mattina, furono subito soppressi per non creare nei viaggiatori
aspettative impossibili da mantenere. Stavolta no, FS non ha voluto
sopprimere niente nella pia illusione di potere, con la tecnologia,
garantire tutto. Confermo che c'erano meno treni e più persone a
lavorare e che le stazioni erano presenziate da personale fs, non da
operai di ditte che devono essere chiamati al momento e magari
risiedono così lontano (e fanno mille altri lavori contemporaneamente)
da non poter nemmeno arrivare sul luogo di lavoro quando necessario. Le
"scaldiglie" per gli scambi sono una ormai datata e collaudata
invenzione, permettono di girare i deviatoi in caso di ghiaccio, ma, da
quello che è successo, in caso di neve non garantiscono. Ieri è passato
da me un operaio degli impianti elettrici in pensione, con cui ho
condiviso nottate insonni e preoccupate di me, giovanissima Dirigente
Movimento (come si chiama in effetti il Capo Stazione proprio perché il
suo compito è far muovere i treni in sicurezza!) a guardia di scambi
non funzionanti, di rotaie rotte per il freddo o in fibrillazione per
il caldo, di segnali che, improvvisamente, non si accendono più al
verde, Dio solo lo sa perché. Nottate di treni merci lunghissimi ed
anonimi che si affacciavano al fascio di Rifredi a chiedere ricovero
durante il pasto veloce dei macchinisti (che si chiamavano Maestri!)
giunti affamati dall'Appennino, trascinandosi ritardi infiniti e voglia
di casa e riposo. Eravamo in diversi a condividere i turni e ci
volevamo molto bene ed i più anziani, che fossero operai, manovali, o
dirigenti, insegnavano tutto ai noi più giovani e noi ci sentivamo
tranquilli.
L'operaio in pensione mi conferma le fiaccole dell'85, di
cui racconta Tiziano, ed i treni fatti marciare a passo d'uomo e uno
alla volta ma, in qualche modo, fatti muovere. Sì, è cambiato tutto,
anche quello che non doveva affatto cambiare.
Un caro saluto a tutti
Adriana
Stazione poco dopo, nell'87 quando ancora erano Ente pubblico,
trasformate così, da Azienda Autonoma, attraverso la legge 210 dell'85
appunto. La nevicata di quell'anno me la ricordo eccome perché ero
studente fuori sede da Pescara e viaggiavo rigorosamente in treno. In
quell'invernata, in cui nevicò tanto anche sul mare a casa mia, presi
il treno in piena emergenza maltempo e, con qualche ora di ritardo,
molto freddo e molta pazienza, i convogli si muovevano, lenti, ma si
muovevano. Erano pochi però ed in parte, come mi ricorda mio marito, di
turno in questo fine settimana infernale e costretto a passare la notte
in stazione venerdì sera per essere presente a lavoro il sabato
mattina, furono subito soppressi per non creare nei viaggiatori
aspettative impossibili da mantenere. Stavolta no, FS non ha voluto
sopprimere niente nella pia illusione di potere, con la tecnologia,
garantire tutto. Confermo che c'erano meno treni e più persone a
lavorare e che le stazioni erano presenziate da personale fs, non da
operai di ditte che devono essere chiamati al momento e magari
risiedono così lontano (e fanno mille altri lavori contemporaneamente)
da non poter nemmeno arrivare sul luogo di lavoro quando necessario. Le
"scaldiglie" per gli scambi sono una ormai datata e collaudata
invenzione, permettono di girare i deviatoi in caso di ghiaccio, ma, da
quello che è successo, in caso di neve non garantiscono. Ieri è passato
da me un operaio degli impianti elettrici in pensione, con cui ho
condiviso nottate insonni e preoccupate di me, giovanissima Dirigente
Movimento (come si chiama in effetti il Capo Stazione proprio perché il
suo compito è far muovere i treni in sicurezza!) a guardia di scambi
non funzionanti, di rotaie rotte per il freddo o in fibrillazione per
il caldo, di segnali che, improvvisamente, non si accendono più al
verde, Dio solo lo sa perché. Nottate di treni merci lunghissimi ed
anonimi che si affacciavano al fascio di Rifredi a chiedere ricovero
durante il pasto veloce dei macchinisti (che si chiamavano Maestri!)
giunti affamati dall'Appennino, trascinandosi ritardi infiniti e voglia
di casa e riposo. Eravamo in diversi a condividere i turni e ci
volevamo molto bene ed i più anziani, che fossero operai, manovali, o
dirigenti, insegnavano tutto ai noi più giovani e noi ci sentivamo
tranquilli.
L'operaio in pensione mi conferma le fiaccole dell'85, di
cui racconta Tiziano, ed i treni fatti marciare a passo d'uomo e uno
alla volta ma, in qualche modo, fatti muovere. Sì, è cambiato tutto,
anche quello che non doveva affatto cambiare.
Un caro saluto a tutti
Adriana
21 dicembre 2010
Inchiesta derivati a Firenze, ipotesi truffa aggravata: sequestrati 22 milioni di euro.
La Guardia di Finanza di Firenze ha posto sotto sequestro preventivo 22 milioni di euro in istituti di credito nazionali e stranieri per i quali si ipotizza il reato di truffa aggravata, relativamente a contratti di finanza derivata sottoscritti dalla Regione Toscana, dal Comune di Firenze e da altri 3 Comuni della provincia fiorentina. Lo riferisce la stessa Guardia di Finanza in una nota. Le operazioni delle fiamme gialle, coordinate dalla Procura di Firenze, sono state focalizzate su Swap stipulati al 1999 in poi dalla Regione Toscana, dal Comune di Firenze e dai Comuni di Campi Bisenzio, San Casciano Val di Pesa e Tavernelle Val di Pesa per somme pari a oltre 1,4 miliardi di euro.
Oltre a profitti illeciti acquisiti ingiustamente dalle banche, spiega la Gdf nella nota, e’ stato stimato che le perdite che gli enti interessati hanno accumulato, in conseguenza della sottoscrizione dei citati contratti derivati, ammontano a circa 123 milioni di euro. Gli indagati sono 22: si tratta di dirigenti, funzionari e consulenti delle banche. Sono in corso anche 29 perquisizioni in abitazioni e uffici di dipendenti delle banche e amministratori pubblici.
Il sequestro delle somme, che secondo gli inquirenti costituirebbero un illecito profitto, e’ stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Firenze nei confronti di Merrill Lynch International di Dublino (circa 15milioni), Deutsche Bank AG di Londra (circa 1 milione e 700mila euro), Ubs Investment Bank di Londra (circa 1 milione di euro), Natixis Sa di Parigi (circa 2milioni 200mila euro), Monte dei Paschi di Siena (750mila euro), Dexia Crediop di Roma (634mila euro).
"http://www.altracitta.org/2010/12/21/inchiesta-derivati-a-firenze-truffa-aggravata-sequestrati-22-milioni-di-euro-il-commento-di-ornella-de-zordo/"
Oltre a profitti illeciti acquisiti ingiustamente dalle banche, spiega la Gdf nella nota, e’ stato stimato che le perdite che gli enti interessati hanno accumulato, in conseguenza della sottoscrizione dei citati contratti derivati, ammontano a circa 123 milioni di euro. Gli indagati sono 22: si tratta di dirigenti, funzionari e consulenti delle banche. Sono in corso anche 29 perquisizioni in abitazioni e uffici di dipendenti delle banche e amministratori pubblici.
Il sequestro delle somme, che secondo gli inquirenti costituirebbero un illecito profitto, e’ stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Firenze nei confronti di Merrill Lynch International di Dublino (circa 15milioni), Deutsche Bank AG di Londra (circa 1 milione e 700mila euro), Ubs Investment Bank di Londra (circa 1 milione di euro), Natixis Sa di Parigi (circa 2milioni 200mila euro), Monte dei Paschi di Siena (750mila euro), Dexia Crediop di Roma (634mila euro).
"http://www.altracitta.org/2010/12/21/inchiesta-derivati-a-firenze-truffa-aggravata-sequestrati-22-milioni-di-euro-il-commento-di-ornella-de-zordo/"
29 novembre 2010
Mutuo soccorso fiorentino di Pierluigi Sullo
Quel che si vede sempre meno, tra televisioni e giornali e urlacci della politica (guardare una trasmissione come «Ballarò» equivale a un forte mal di testa), è quanto le persone, le famiglie, si stiano sempre più impoverendo, i redditi stiano dimagrendo, i lavori scomparendo. Prendiamo Firenze, di certo non la città più povera in Italia. «Secondo i dati Istat rielaborati nel 2009 dall’Osservatorio della Società della Salute – scrive Alessandro Santoro, prete delle Piagge – gli abitanti di Firenze sono 365 mila: di essi circa 10 mila vivono in una situazione di povertà relativa, mentre 5 mila versano in condizioni di povertà assoluta». Perciò succede, come ciascuno può notare quando si ferma a un semaforo o parcheggia, che puntualmente qualcuno chieda l’elemosina o cerchi di vendere un pacchetto di fazzoletti di carta, proprio ciò che i sindaci – ridotti al ruolo di «sceriffo» dal progressivo furto delle loro sostanziali attribuzioni, come l’acquedotto e i servizi pubblici in generale – intendono combattere con ordinanze, divieti, multe. Ma a parte il fatto che a compiere il crimine di «accattonaggio», oltre a «zingari» e migranti, sono sempre più spesso poveri autenticamente nazionali, quel che non ci si chiede mai è come mai nessuno si prenda cura o offra qualche opportunità a queste persone precipitate oltre l’orlo della povertà. O meglio: c’è sì chi se ne prende cura. La Caritas, ad esempio, e molto altro associazionismo privato, e meno male. Ma il «pubblico»? Scrive sempre don Alessandro: «A nessuna persona in difficoltà può essere imposto un contributo economico per essere accolta in un posto caldo dove passare la notte, obbligandola di fatto, per raccogliere il denaro necessario, a compiere atti stigmatizzati dall’istituzione, come l’accattonaggio o il lavoro nero».
Ecco come il cerchio si chiude: l’avarissima solidarietà sociale delle istituzioni crea essa stessa i fenomeni che gli assessori fiorentini come quel tale Cioni che a suo tempo letteralmente creò una categoria di disturbatori della quiete pubblica, i «lavavetri», si ingegnano di reprimere. E in generale la situazione si va aggravando, causa crisi. I tagli tremontiani non colpiscono solo l’università o la cultura: a Napoli, tanto per fare un esempio, Regione e comune letteralmente non pagano i debiti, spesso pluriennali, che hanno contratto con il sistema della cooperazione sociale, senza la quale la disgregazione della società napoletana sarebbe assai più grave di quanto già non sia. Cooperative che impiegano migliaia di operatori (e stiamo parlando di quelle non sfruttano il lavoro) sono allo stremo, ciò che crea un circolo vizioso: povertà e disoccupazione si sommano a povertà e disoccupazione.
Naturalmente, per fronteggiare questa emergenza – questa lo è per davvero – ci sono i modi classici: rivendicare che le istituzioni pubbliche facciano il loro dovere; organizzare autonomamente reti di solidarietà sociali che cerchino a loro volta di ottenere risorse dalle casse pubbliche. Ora però la comunità delle Piagge, quella appunto di Alessandro Santoro - rimosso a suo tempo dal vescovo e poi rimesso al suo posto grazie a una insurrezione cittadina - propone in un appello (http://bit.ly/uneuro) un’altra possibilità. «Proponiamo – scrive Alessandro – che l’amministrazione comunale sostenga una campagna affinché ogni cittadino/a residente a Firenze e che abbia un reddito superiore ai 1.000 euro netti mensili (ovvero la soglia di povertà relativa) possa versare un euro al mese per la costituzione di un ‘Fondo di emancipazione sociale’». Il Fondo potrebbe «produrre opportunità di lavoro per le persone che sono costrette a vivere sulla strada a causa di gravi vicende personali, dei tagli del governo sulla spesa sociale, per l’inadeguatezza dei servizi pubblici». Insomma, un «mutuo soccorso» cittadino, un inizio di nuovo welfare comunitario. Che non è affatto una utopia: alle Piagge, quartiere tra i più poveri della città, da anni esiste un fondo per il microcredito, nutrito di contributi anche minimi, che ha gestito fin qui 150 mila euro e ha permesso a cento famiglie di non perdere la casa e non ricorrere agli usurai. In attesa che il sindaco «rottamatore» Renzi dia un segnale, chi vuole può contribuire con donazioni nel conto corrente della comunità delle Piagge: IBAN: IT10 R076 0102 8000 0002 4725 509. Causale «Fondo di emancipazione sociale».
Ecco come il cerchio si chiude: l’avarissima solidarietà sociale delle istituzioni crea essa stessa i fenomeni che gli assessori fiorentini come quel tale Cioni che a suo tempo letteralmente creò una categoria di disturbatori della quiete pubblica, i «lavavetri», si ingegnano di reprimere. E in generale la situazione si va aggravando, causa crisi. I tagli tremontiani non colpiscono solo l’università o la cultura: a Napoli, tanto per fare un esempio, Regione e comune letteralmente non pagano i debiti, spesso pluriennali, che hanno contratto con il sistema della cooperazione sociale, senza la quale la disgregazione della società napoletana sarebbe assai più grave di quanto già non sia. Cooperative che impiegano migliaia di operatori (e stiamo parlando di quelle non sfruttano il lavoro) sono allo stremo, ciò che crea un circolo vizioso: povertà e disoccupazione si sommano a povertà e disoccupazione.
Naturalmente, per fronteggiare questa emergenza – questa lo è per davvero – ci sono i modi classici: rivendicare che le istituzioni pubbliche facciano il loro dovere; organizzare autonomamente reti di solidarietà sociali che cerchino a loro volta di ottenere risorse dalle casse pubbliche. Ora però la comunità delle Piagge, quella appunto di Alessandro Santoro - rimosso a suo tempo dal vescovo e poi rimesso al suo posto grazie a una insurrezione cittadina - propone in un appello (http://bit.ly/uneuro) un’altra possibilità. «Proponiamo – scrive Alessandro – che l’amministrazione comunale sostenga una campagna affinché ogni cittadino/a residente a Firenze e che abbia un reddito superiore ai 1.000 euro netti mensili (ovvero la soglia di povertà relativa) possa versare un euro al mese per la costituzione di un ‘Fondo di emancipazione sociale’». Il Fondo potrebbe «produrre opportunità di lavoro per le persone che sono costrette a vivere sulla strada a causa di gravi vicende personali, dei tagli del governo sulla spesa sociale, per l’inadeguatezza dei servizi pubblici». Insomma, un «mutuo soccorso» cittadino, un inizio di nuovo welfare comunitario. Che non è affatto una utopia: alle Piagge, quartiere tra i più poveri della città, da anni esiste un fondo per il microcredito, nutrito di contributi anche minimi, che ha gestito fin qui 150 mila euro e ha permesso a cento famiglie di non perdere la casa e non ricorrere agli usurai. In attesa che il sindaco «rottamatore» Renzi dia un segnale, chi vuole può contribuire con donazioni nel conto corrente della comunità delle Piagge: IBAN: IT10 R076 0102 8000 0002 4725 509. Causale «Fondo di emancipazione sociale».
20 novembre 2010
Un euro per l’accoglienza? Lo paghi chi ce l’ha. Appello per un “Fondo di emancipazione sociale”
Appello per la costituzione di un “Fondo di emancipazione sociale” nella città di Firenze. Adesioni su http://bit.ly/uneuro
L’accoglienza non può essere né monetizzata né mercificata. Se una persona vive in uno stato di emergenza ha il diritto di essere accolta senza dover tirar fuori un euro dalle proprie tasche, perennemente vuote.
Se è vero, come è vero, che le istituzioni hanno il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l’eguaglianza tra cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona” (art. 3 della Costituzione), a nessuna persona in difficoltà può essere imposto un contributo economico per essere accolta in un posto caldo dove passare la notte. Obbligandola di fatto, per raccogliere il denaro necessario, a compiere atti stigmatizzati dall’istituzione stessa, come l’accattonaggio o il lavoro nero. Nessun presunto percorso pedagogico di inserimento può esistere sotto la pressione di un ricatto, per di più ammantato da una presunta dignità istituzionale.
A Firenze, secondo i dati Istat rielaborati nel 2009 dall’Osservatorio della Società della Salute, gli abitanti sono 365.000: di essi circa 10.000 vivono in una situazione di povertà relativa, mentre 5.000 versano in condizioni di povertà assoluta. Crediamo pertanto, e ci appelliamo all’amministrazione comunale e ai fiorentini e alle fiorentine tutte, di restituire ciò che è stato tolto agli ultimi e alle ultime, affinché possano tornare a vivere con dignità.
Proponiamo pertanto che l’amministrazione comunale adotti, sostenga e promuova una campagna affinché ogni cittadino/a residente nella città di Firenze, che abbia un reddito superiore ai 1.000 euro netti mensili (ovvero oltre la soglia di povertà relativa), possa versare un euro al mese per la costituzione di un “Fondo di emancipazione sociale” utile a produrre opportunità di lavoro per le decine di persone che sono costrette a vivere sulla strada a causa di gravi vicende personali, dei tagli del governo sulla spesa sociale, per l’inadeguatezza dei servizi pubblici. Un fondo, ma è solo un esempio, che possa retribuire nel pieno rispetto della legge coloro che utilizzano le strutture d’accoglienza per lavori di pulizia e di cura del luogo stesso che li ospita.
Tutto ciò è possibile. Niente di utopico. Il microcredito piaggese – che nasce e cresce grazie al principio morale “Se hai, hai per dare” – ha raccolto oltre 150.000 euro in uno dei quartieri più poveri della città grazie a piccoli versamenti, anche solo di 25 euro. Con quei denari, che costituiscono il “Fondo etico e sociale delle Piagge”, oltre 100 persone e famiglie con difficoltà economiche hanno potuto far fronte alle emergenze, fuggire dall’usura, recuperare una dignità perduta. Se questo è stato possibile ai margini della città, dove le risorse sono ridottissime, sarà certamente possibile costituire, con la partecipazione di tutti, un “Fondo di emancipazione sociale” per chi ne ha bisogno. A partire da subito.
Per questo ti chiediamo di aderire a questo appello, di girarlo ai tuoi conoscenti, di parlarne in famiglia, sul luogo di lavoro, a scuola e ovunque sia possibile appellarsi al senso di solidarietà dei fiorentini e delle fiorentine. Questo è il link da far girare http://bit.ly/uneuro.
Grazie per il tuo impegno a difesa della dignità degli ultimi.
Alessandro Santoro e la Comunità delle Piagge
( l'Altracittà giornale della periferia http://www.altracitta.org/ )
L’accoglienza non può essere né monetizzata né mercificata. Se una persona vive in uno stato di emergenza ha il diritto di essere accolta senza dover tirar fuori un euro dalle proprie tasche, perennemente vuote.
Se è vero, come è vero, che le istituzioni hanno il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l’eguaglianza tra cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona” (art. 3 della Costituzione), a nessuna persona in difficoltà può essere imposto un contributo economico per essere accolta in un posto caldo dove passare la notte. Obbligandola di fatto, per raccogliere il denaro necessario, a compiere atti stigmatizzati dall’istituzione stessa, come l’accattonaggio o il lavoro nero. Nessun presunto percorso pedagogico di inserimento può esistere sotto la pressione di un ricatto, per di più ammantato da una presunta dignità istituzionale.
A Firenze, secondo i dati Istat rielaborati nel 2009 dall’Osservatorio della Società della Salute, gli abitanti sono 365.000: di essi circa 10.000 vivono in una situazione di povertà relativa, mentre 5.000 versano in condizioni di povertà assoluta. Crediamo pertanto, e ci appelliamo all’amministrazione comunale e ai fiorentini e alle fiorentine tutte, di restituire ciò che è stato tolto agli ultimi e alle ultime, affinché possano tornare a vivere con dignità.
Proponiamo pertanto che l’amministrazione comunale adotti, sostenga e promuova una campagna affinché ogni cittadino/a residente nella città di Firenze, che abbia un reddito superiore ai 1.000 euro netti mensili (ovvero oltre la soglia di povertà relativa), possa versare un euro al mese per la costituzione di un “Fondo di emancipazione sociale” utile a produrre opportunità di lavoro per le decine di persone che sono costrette a vivere sulla strada a causa di gravi vicende personali, dei tagli del governo sulla spesa sociale, per l’inadeguatezza dei servizi pubblici. Un fondo, ma è solo un esempio, che possa retribuire nel pieno rispetto della legge coloro che utilizzano le strutture d’accoglienza per lavori di pulizia e di cura del luogo stesso che li ospita.
Tutto ciò è possibile. Niente di utopico. Il microcredito piaggese – che nasce e cresce grazie al principio morale “Se hai, hai per dare” – ha raccolto oltre 150.000 euro in uno dei quartieri più poveri della città grazie a piccoli versamenti, anche solo di 25 euro. Con quei denari, che costituiscono il “Fondo etico e sociale delle Piagge”, oltre 100 persone e famiglie con difficoltà economiche hanno potuto far fronte alle emergenze, fuggire dall’usura, recuperare una dignità perduta. Se questo è stato possibile ai margini della città, dove le risorse sono ridottissime, sarà certamente possibile costituire, con la partecipazione di tutti, un “Fondo di emancipazione sociale” per chi ne ha bisogno. A partire da subito.
Per questo ti chiediamo di aderire a questo appello, di girarlo ai tuoi conoscenti, di parlarne in famiglia, sul luogo di lavoro, a scuola e ovunque sia possibile appellarsi al senso di solidarietà dei fiorentini e delle fiorentine. Questo è il link da far girare http://bit.ly/uneuro.
Grazie per il tuo impegno a difesa della dignità degli ultimi.
Alessandro Santoro e la Comunità delle Piagge
( l'Altracittà giornale della periferia http://www.altracitta.org/ )
10 novembre 2010
Microcredito di Prossimità
In questi ultimi anni “attivare progetti di microcredito” sembra essere diventata un’attività molto popolare e diffusa. Molte banche si mettono il vestito buono e, mentre commerciano in armi con la mano destra, con la sinistra forniscono denaro per finanziare progetti no profit, spesso anche a quegli stessi paesi a cui hanno sovvenzionato le armi. Come dire una mina e una mucca.
E anche quando i destinatari del credito sono persone le cose non cambiano: i bisogni vengono strumentalizzati a fini propagandistici da banche, finanziarie e spesso anche da alcuni enti locali che erogano “briciole di denaro” per risolvere problemi immediati, invece di attivare politiche sociali di autodeterminazione, inclusione e partecipazione che potrebbero realmente eliminare i problemi. In sostanza è molto più semplice dare denaro che non costruire relazioni.
Al contrario, il Fondo Etico e Sociale delle Piagge, il progetto di microcredito della realtà delle Piagge, da 10 anni cerca di costruire e diffondere modalità alternative capaci di pensare e utilizzare il denaro, tentando di mettere creatività, cuore e testa in un settore come quello della finanza che ci viene generalmente raccontato come noioso, incomprensibile e sterile proprio per evitare che le persone possano appropriarsene. Ed è proprio in questo camminare che abbiamo sentito il bisogno di aggettivare il vocabolo microcredito aggiungendoci il termine prossimità. Essere prossimi per essere vicini, per ascoltare, accogliere, costruire insieme sogni e speranze.
Nel microcredito di prossimità i prestiti sono di piccola entità e sostengono i bisogni delle persone che vivono in un territorio circoscritto e ben delimitato; non si tratta di beneficenza perché il denaro distribuito deve essere restituito per fornire ulteriore credito; non vengono richieste garanzie patrimoniali ma sono essenziali quelle relazionali; Il denaro è raccolto direttamente dalle persone e i rapporti tra i soci finanziati e finanziatori sono basati su principi di reciprocità, fiducia e responsabilità.
Alla base di tutto c’è quindi la relazione tra le persone, relazione a volte non facile perché nasce dalla richiesta di un aiuto concreto e, soprattutto all’inizio, è mediata dal denaro. Nel mondo che stiamo vivendo costruire relazioni avendo come argomento comune il denaro risulta abbastanza strano e soprattutto è complicato uscire dagli schemi del buonismo, della dipendenza e della gratitudine. Quando però si comincia a intravedere che i sorrisi, gli abbracci e le parole scambiate contribuiscono a costruire piccoli angoli di un mondo più giusto e conviviale, allora si dissolvono i dubbi e le paure e il filo che ci lega non è più rappresentato dal denaro ma dalla solidarietà e dalla prossimità.
Proprio il termine che aggettiva la parola microcredito.
(MARIA CHIARA MANETTI)
E anche quando i destinatari del credito sono persone le cose non cambiano: i bisogni vengono strumentalizzati a fini propagandistici da banche, finanziarie e spesso anche da alcuni enti locali che erogano “briciole di denaro” per risolvere problemi immediati, invece di attivare politiche sociali di autodeterminazione, inclusione e partecipazione che potrebbero realmente eliminare i problemi. In sostanza è molto più semplice dare denaro che non costruire relazioni.
Al contrario, il Fondo Etico e Sociale delle Piagge, il progetto di microcredito della realtà delle Piagge, da 10 anni cerca di costruire e diffondere modalità alternative capaci di pensare e utilizzare il denaro, tentando di mettere creatività, cuore e testa in un settore come quello della finanza che ci viene generalmente raccontato come noioso, incomprensibile e sterile proprio per evitare che le persone possano appropriarsene. Ed è proprio in questo camminare che abbiamo sentito il bisogno di aggettivare il vocabolo microcredito aggiungendoci il termine prossimità. Essere prossimi per essere vicini, per ascoltare, accogliere, costruire insieme sogni e speranze.
Nel microcredito di prossimità i prestiti sono di piccola entità e sostengono i bisogni delle persone che vivono in un territorio circoscritto e ben delimitato; non si tratta di beneficenza perché il denaro distribuito deve essere restituito per fornire ulteriore credito; non vengono richieste garanzie patrimoniali ma sono essenziali quelle relazionali; Il denaro è raccolto direttamente dalle persone e i rapporti tra i soci finanziati e finanziatori sono basati su principi di reciprocità, fiducia e responsabilità.
Alla base di tutto c’è quindi la relazione tra le persone, relazione a volte non facile perché nasce dalla richiesta di un aiuto concreto e, soprattutto all’inizio, è mediata dal denaro. Nel mondo che stiamo vivendo costruire relazioni avendo come argomento comune il denaro risulta abbastanza strano e soprattutto è complicato uscire dagli schemi del buonismo, della dipendenza e della gratitudine. Quando però si comincia a intravedere che i sorrisi, gli abbracci e le parole scambiate contribuiscono a costruire piccoli angoli di un mondo più giusto e conviviale, allora si dissolvono i dubbi e le paure e il filo che ci lega non è più rappresentato dal denaro ma dalla solidarietà e dalla prossimità.
Proprio il termine che aggettiva la parola microcredito.
(MARIA CHIARA MANETTI)
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