Io nell'85 nelle ferrovie ancora non c'ero, sono entrata come Capo
Stazione poco dopo, nell'87 quando ancora erano Ente pubblico,
trasformate così, da Azienda Autonoma, attraverso la legge 210 dell'85
appunto. La nevicata di quell'anno me la ricordo eccome perché ero
studente fuori sede da Pescara e viaggiavo rigorosamente in treno. In
quell'invernata, in cui nevicò tanto anche sul mare a casa mia, presi
il treno in piena emergenza maltempo e, con qualche ora di ritardo,
molto freddo e molta pazienza, i convogli si muovevano, lenti, ma si
muovevano. Erano pochi però ed in parte, come mi ricorda mio marito, di
turno in questo fine settimana infernale e costretto a passare la notte
in stazione venerdì sera per essere presente a lavoro il sabato
mattina, furono subito soppressi per non creare nei viaggiatori
aspettative impossibili da mantenere. Stavolta no, FS non ha voluto
sopprimere niente nella pia illusione di potere, con la tecnologia,
garantire tutto. Confermo che c'erano meno treni e più persone a
lavorare e che le stazioni erano presenziate da personale fs, non da
operai di ditte che devono essere chiamati al momento e magari
risiedono così lontano (e fanno mille altri lavori contemporaneamente)
da non poter nemmeno arrivare sul luogo di lavoro quando necessario. Le
"scaldiglie" per gli scambi sono una ormai datata e collaudata
invenzione, permettono di girare i deviatoi in caso di ghiaccio, ma, da
quello che è successo, in caso di neve non garantiscono. Ieri è passato
da me un operaio degli impianti elettrici in pensione, con cui ho
condiviso nottate insonni e preoccupate di me, giovanissima Dirigente
Movimento (come si chiama in effetti il Capo Stazione proprio perché il
suo compito è far muovere i treni in sicurezza!) a guardia di scambi
non funzionanti, di rotaie rotte per il freddo o in fibrillazione per
il caldo, di segnali che, improvvisamente, non si accendono più al
verde, Dio solo lo sa perché. Nottate di treni merci lunghissimi ed
anonimi che si affacciavano al fascio di Rifredi a chiedere ricovero
durante il pasto veloce dei macchinisti (che si chiamavano Maestri!)
giunti affamati dall'Appennino, trascinandosi ritardi infiniti e voglia
di casa e riposo. Eravamo in diversi a condividere i turni e ci
volevamo molto bene ed i più anziani, che fossero operai, manovali, o
dirigenti, insegnavano tutto ai noi più giovani e noi ci sentivamo
tranquilli.
L'operaio in pensione mi conferma le fiaccole dell'85, di
cui racconta Tiziano, ed i treni fatti marciare a passo d'uomo e uno
alla volta ma, in qualche modo, fatti muovere. Sì, è cambiato tutto,
anche quello che non doveva affatto cambiare.
Un caro saluto a tutti
Adriana